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Archimia string quartet
Palcoscenici internazionali, collaborazioni prestigiose, evoluzione continua nei repertori e negli arrangiamenti: ecco cosa può succedere ad un quartetto d'archi italiano quando la solida formazione classica si unisce alla passione per tutti i generi musicali e ad una visione "open-minded" nella filosofia e nell'approccio al pubblico

Archimia MILANO - Quattro musicisti di formazione classica - due violini, una viola e un violoncello - s'incontrano per esplorare nuove sonorità e possibilità acustiche.
La sfida è quella di unire la disciplina classica all'estro della musica pop, rock, jazz, funky. Il risultato è un nuovo approccio e una nuova filosofia nell'accostarsi alla musica tutta, generando, attraverso i loro stessi arrangiamenti, un cocktail esplosivo di suoni, sfruttando le potenzialità poco esplorate degli strumenti ad arco.
Il nostro suggerimento è di partire ascoltando "Smoke on the water" dei Deep Purple nella loro versione, per convincersi dell'effetto sbalorditivo che questi strumenti riescono ad ottenere in mani sapienti.

Quando è iniziata questa sfida e perché avete scelto questo nome per il quartetto?
AA:
Il sogno di formare un quartetto d'archi che potesse incontrare e rigenerare tutti i generi musicali esistenti è sempre stato presente nell'animo mio e di Serafino, i fondatori.
Ormai possiamo dire di essere arrivati alla realizzazione delle nostre aspirazioni e da dieci anni calchiamo le scene con un nome che crediamo rappresenti la nostra musica: l'alchimia, antica disciplina empirica, spesso a carattere magico, impegnata a trasformare i metalli in oro, si fonde con la parola archi che è il nostro mondo strumentale.

Esiste una differenza nel vostro approccio tra l'incisione e il concerto live?
AA:
La differenza è enorme. Il concerto è un momento magico che vive di vita propria: la sala o la piazza, il tipo di pubblico preparato o spontaneo fanno del live una creatura sempre diversa.
Ci piace moltissimo avere un dialogo con il pubblico, non vogliamo mai avere il programma di sala perché desideriamo raccontarlo prima di suonarlo e plasmare la scaletta in tempo reale a seconda delle reazioni del pubblico.
Lo studio è tutt'altro: possiamo solo contare sul feedback del fonico e l'asetticità del luogo non aiuta a liberare le emozioni.
Due mondi completamente diversi.

Quali sono le caratteristiche che un musicista deve avere oggi per affrontare artisti e pubblico in ambito internazionale?
AA:
Fondamentalmente è la qualità tecnica che può supportare quella artistica, quindi bisogna essere solidi individualmente e quartettisticamente.
Il quartetto è la formazione da camera più completa, ma necessita una uniformità di intenti incredibile: bisogna imparare a respirare insieme e costruire un percorso comune. Fatto questo bisogna avere un progetto credibile, che riesca a coinvolgere più pubblico possibile, dallo snob all'anima più semplice.
Solo la musica può raggiungere tutti e trovare per ognuno le corde giuste dell'emozione.
Il tratto culturale poi si evincerà dalla scelta dei brani che abbiamo arrangiato e trasformato, seguendo un percorso intellettuale che attinge alla nostra formazione.

Questo numero trae un bilancio di fine anno ed è dedicato al futuro visto attraverso gli occhi degli artisti. Qualche commento?
AA:
Devo dire che la domanda è tremenda, come tutti i resoconti finali, come tutte le somme tirate. Soprattutto se dal giudizio finale si deve trovare un indirizzo per il futuro.
Posso dire che nel nostro paese il problema della cultura e del suo sviluppo è grave, ma è troppo facile dirlo, lo diciamo tutti, è ormai un assioma.
Penso invece a tutte quelle realtà che con poche risorse, se non nulle, vanno avanti per la loro strada producendo cultura, spettacolo, informazione.
Sono tante - credo che dove state leggendo sia una di quelle. E ci sono anche istituzioni che nonostante tutto si sforzano di fare quello che credono giusto: penso ai piccoli Comuni che vanno su internet per cercare gruppi musicali interessanti, fuori dagli schemi. Ne abbiamo conosciuti tanti in tutta Italia. Quindi il futuro è come sempre nelle mani di ognuno di noi.
Se si riesce a sfuggire dall'appiattimento, dal conformismo, dall'ignoranza, in fondo in fondo una lucina la si può vedere.

Archimia hanno collaborato, tra gli altri, con Teresa Pomodoro, Kalivocali, Marco Baldini, William Kentridge, Cheryl Porter, Diego Basso, Sergio Sgrilli, Margherita Antonelli, Fabrizio Meloni, Zucchero, Irene Fornaciari, Gino Vannelli.
Per approfondimenti http://www.quartettoarchimia.it

In alto nella foto, il quartetto Archimia

Intervista ad Andrea Anzalone del 16 dicembre 2011
da I Quaderni di Nuova Scena Antica anno 3 n.1
(20 gennaio 2012)



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