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MUSICA

In ricordo di Fania, Alma e tutte le ragazze dell'orchestra
"...Percorriamo circa trecento metri attraverso le baracche, ci fermiamo per tenere il nostro concerto di fronte a una schiera di prigionieri immobili, in attesa di partire per il lavoro. Da tutti gli angoli del campo, le donne passano davanti a noi. Trovo il coraggio di guardare. Le guardo, devo guardare. Un giorno dovrò testimoniare".
Brano tratto dal libro: "Ad Auschwitz c'era un'orchestra" di Fania Fénelon.

SESTO SAN GIOVANNI - Qui, tra i miei piccoli e brevi scritti di questa rivista, desidero anch'io celebrare Il Giorno della Memoria del mese di gennaio appena trascorso, consegnando, ancora una volta, la memoria del passato all'eco della musica che riesce a riempirci il cuore della sua bellezza, permettendoci di rinvenire, contro ogni orrore e ferocia, i tratti luminosi che la sostengono.
Esistono nella storia dell'umanità memorie tragiche e dolorose, che occorre tuttavia tenere sempre vive, affinché possano metterci in guardia sull'incombente minaccia della negazione dei diritti umani, e ricordarci allo stesso tempo quanto sia breve il passo perché l'uomo sprofondi nel sonno della ragione e dell'indifferenza.
E' il mese di gennaio del 1944. Le fiamme divampano senza sosta, rosse, vibranti e i corpi bruciano a ritmo serrato mentre l'odore acre di morte pervade l'aria tutt'intorno.
Il campo di Auschwitz-Birkenau è l'unico ad avere un gruppo musicale femminile ed è proprio qui che s'incrociano i destini di chi, grazie a un'eccezionale concessione (un'anomala "libertà" dentro la cornice dell'orrore), ripone una fievole speranza di salvezza nell'incarico ricreativo che è stato loro affidato.
La musica scandisce l'alternarsi dei giorni e delle notti, accoglie beffarda i nuovi deportati, allieta i momenti di svago delle SS, fa da colonna sonora al silenzio delle ceneri trasportate dal vento.
In questi giorni gelidi e tetri, Fania Fénelon, appena ventenne, varca la soglia del campo, scesa da uno dei tanti convogli carichi di umanità dolente.
Musicista professionista, francese di origine ebrea, Fania entra a fare parte dell'orchestra femminile assumendo da subito un ruolo fondamentale all'interno del gruppo, poiché canta, suona il pianoforte e sa orchestrare i brani.
Le 47 signore dell'orchestra, come Fania racconterà molti anni dopo nel suo diario, provengono da ogni parte d'Europa e vivono ammassate in una fatiscente baracca vicino alla ferrovia, punto in cui arrivano, uno dopo l'altro, i vagoni che scaricano tutti i giorni masse di deportati.
Le prove musicali sono estenuanti e incessanti per suonare in maniera impeccabile, perché solo così, viene detto loro, potranno essere risparmiate alla selezione per la camera a gas.
Menzogne. Avrebbero solo ritardato di qualche tempo la loro morte.
Denigrate dalle altre prigioniere a causa di questo privilegio, le ragazze dell'orchestra per sopravvivere devono piacere e compiacere le kapò e i comandanti del campo.
Ed è così che giorno dopo giorno Fania assiste al rapido spegnersi di ogni senso di pietà, solidarietà e compassione tra le detenute, al loro chiudersi in dolorosi egoismi
dettati da fragilità e profonda disperazione.
Ma in questa condizione estrema Fania riesce comunque a mantenere intatta la propria umanità, sostenuta dalla lucida consapevolezza di suonare e cantare una musica "che è la cosa migliore ad Auschwitz in quanto procura oblio e divora il tempo, ma è anche la peggiore perché ha un pubblico di assassini".
La musica accompagna per un breve tratto delle loro vite i destini di Fania e della bella e talentuosa Alma Maria Rosè, eccezionale violinista ebrea, nipote di Gustav Mahler e figlia del primo violino dell'Orchestra Filarmonica di Vienna.
Alma è la direttrice dell'orchestra del campo, e tra le due donne nasce da subito un rapporto del tutto particolare che in qualche modo farà emergere anche la loro differente possibilità di vivere il lager e la necessità di suonare.
Per Fania suonare diviene elemento di sopravvivenza e sopravvivere significherà un domani poter testimoniare l'orrore cui ha assistito.
"Percorriamo circa trecento metri attraverso le baracche, ci fermiamo per tenere il nostro concerto di fronte a una schiera di prigionieri immobili, in attesa di partire per il lavoro. Da tutti gli angoli del campo, le donne passano davanti a noi. Trovo il coraggio di guardare. Le guardo, devo guardare. Un giorno dovrò testimoniare."
Per Alma, nelle attuali condizioni, la musica è ormai solo un fine, il compimento su cui ha costruito la propria identità di tutta una vita e non le importa più nulla se non realizzare esecuzioni perfette, apatica nei confronti di quanto si muove intorno, preoccupata solo della qualità delle sue esecuzioni.
Incessantemente i treni arrivano, i crematori fumano, e vestite con l'orribile casacca del lager, Fania, Alma e tutte le altre ragazze dilettano i nazisti musicofili e accolgono uomini e donne che di lì a poco andranno a morire.
Periranno quasi tutte nelle camere a gas; non Alma, che morirà di malattia e stenti il 5 aprile 1944.
Sopravviverà miracolosamente Fania Fénelon che, dopo la guerra, andrà a vivere negli Stati Uniti.
Ad Auschwitz c'era un'orchestra è il libro che Fania Fénelon scriverà trent'anni dopo la deportazione.
Perché aspettare trent'anni per narrare l'orrore vissuto? "Ho avuto bisogno di vivere. Vivere la nostra giovinezza; avevamo vent'anni e sembravamo tutte delle vecchie. Ho avuto bisogno di ritrovarmi nel calore degli altri, di mangiare, di fare l'amore, di amare... e soprattutto di guarire. Ero malata. Dovevo guarire dai lager".
Dopo la guerra Fania ha vissuto a lungo nella Germania dell'Est e poi negli Stati Uniti.
Dalle sue memorie (pubblicate per la prima volta in Italia da Vallecchi nel 1978) sono stati tratti: il film Playing for time di cui ha scritto la sceneggiatura insieme con Arthur Miller e che fu interpretato da Vanessa Redgrave, e due testi drammaturgici che la compagnia teatrale Alma Rosé ha in cartellone da diversi anni.
Il loro successo è prova della forza autentica di questo testo scioccante e al tempo stesso così attuale e moderno.
Ritengo necessario non trascurare mai di rivolgere sempre un'attenzione particolare alle giovani generazioni, cui è doveroso trasmettere la memoria storica di quanto avvenuto, affinché il loro futuro possa continuamente essere ispirato dai valori di libertà, uguaglianza, giustizia e fratellanza.
"Se comprendere è impossibile, ricordare è necessario".
Primo Levi


In alto nelle foto, ritratto di Fania Fénelon e Alma Maria Rosé e un'immagine tratta dal film "Playing for time" regia Daniel Mann.

Paola Marino
(31 gennaio 2014)

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