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TEATRO - Interpreti del nostro tempo

Fiorenza Menni, e il gesto performativo che coagula senso
Un lungo percorso di autrice e attrice con Teatrino Clandestino prima e con Ateliersi oggi segna il cammino in continua evoluzione estetica e formale di Fiorenza Menni, una delle figure più carismatiche ed interessanti del panorama teatrale italiano contemporaneo. Pluripremiata per il suo lavoro di attrice, è impegnata da anni in progetti di formazione dell'attore e di scrittura che stimolano una contestualizzazione intima del processo teatrale.

           

BRESSO - La scena contemporanea si frammenta nel tentativo di riflettere la complessità del presente.
Le discipline artistiche, gli spazi e la scrittura si contaminano, avanzando nuove riflessioni, dentro e fuori dai confini teatrali convenzionali.
Fiorenza Menni, in più di vent'anni di attività, propone una ricerca che si distingue per il senso civile, la costruzione dell'identità, la riflessione filosofica sul presente.

Da quali premesse è partito il tuo lavoro di attrice e autrice con Teatrino Clandestino?
FM:
La premessa è che da sempre preferisco un percorso creativo condiviso con altre persone perché in esso ho sempre individuato la possibilità di generare con più precisione un punto di vista accurato e personale.
Pormi in uno stato che mi permette di accorgermi degli accadimenti etero-generati risponde ad un'esigenza che ricordo di avere da quando mi pongo delle domande sul mio essere qui e sul senso di ciò che ho intorno.

Che differenze riconosci nei contenuti e nel senso del gesto performativo di Ateliersi?
FM:
Se riconosco delle differenze, sono in relazione allo sviluppo personale che nel susseguirsi degli anni e dei pensieri che li hanno percorsi hanno portato a precisare le mie intenzioni teatrali e ad ampliare i miei campi d'interesse.
I contenuti a cui mi dedico hanno sempre una relazione analogica, nel senso che i desideri producono incontri e indagini che non si risolvono in occasioni per definire la qualità di qualcosa, ma si concretizzano in connessioni per il passaggio successivo.
Questa dinamica è utile al mio lavoro: genera divertimento e senso alla mia vita.
Proporre un gesto performativo significa elaborare nuove plausibilità, in riferimento con ciò che accade intorno nella situazione e nell'epoca in cui si vive, sprofondando nelle crisi e cogliendo le proposizioni attive, le idee e le applicazioni che si rivelano risolutive per le persone.

Nella tua esperienza che cosa può incidere il presente al punto da provocare una fuoriuscita di senso nel pensiero e nell'azione?
FM:
Parte importante del mio lavoro, che ha una genesi e una finalità collettiva, è quella di stimolare nuove riflessioni e sguardi autonomi sulle cose.
Costruire uno spettacolo significa anche costruire - e poi proporre - un discorso.
Quindi siamo noi, io e miei compagni, che per primi dobbiamo prevedere una visione autonoma da poter condividere.
Ogni volta che inizio un nuovo percorso che porterà alla formalizzazione di uno spettacolo - o anche solo di un intervento performativo - sento forte la responsabilità dell'aggiunta: la responsabilità di introdurre un nuovo discorso tra i tanti che già esistono.
Questo sentimento influisce molto sulla mia lingua.

           

Questo numero de I QUADERNI di Nuova Scena Antica affronta il tema Miti, Radici, Identità. Che posto occupano questi valori nelle scelte di Fiorenza nella vita e nell'arte?
FM:
Mentre cerco la risposta, vedo molte cose muoversi intorno a me in movimento vorticoso.
Non ho un interesse attivo verso il mito, non cerco soluzioni ai miei quesiti attraverso l'incontro o la riformulazione di una relazione con il mito.
Mi accorgo che tento sempre di prenderne le distanze, come se avvertissi una maggiore semplicità nel linguaggio svincolato da esso. Ma lo incontro, lo incontro spesso...
L'identità è un tema doloroso quanto ridicolo, se concepito come un a-priori in relazione al quale conformarsi, diventa precipitato riconoscibile e mutevole dei percorsi quando lo si affronta come forma conseguente.
E' un tema al quale mi dedico molto: con gli interpreti del progetto Civile - che proseguirà a lungo, dato che continuo a incontrare attori e performer autonomi e interessanti - rinnoviamo l'indagine sugli snodi narrativi e psichici che li hanno portati a scegliere un percorso di vita nell'arte.
Non costruiamo santini intorno ad ipotesi esemplari, ma esplicitiamo le necessità dello spirito critico, che si incontra con il presunto lineare concetto di perseguimento del proprio progetto di vita e di libertà di scelta.
Con gli spettacoli Woher Wohin e Hello Austria abbiamo affrontato lo scherzo dell'educazione culturale post-bellica: era orgogliosa di dimostrarci come sarebbe stato possibile per tutti soddisfare le proprie ambizioni ed essere liberi nel proprio progetto di vita, e si è poi svelata difficoltosa, portandoci ora a virare significati e forme immaginative del mondo.

Grazie Fiorenza.

Fiorenza Menni è autrice e attrice di Ateliersi.
Crea e produce gesti performativi e nuova drammaturgia in continua evoluzione formale ed estetica in relazione al contemporaneo.
Attraverso l'Atelier Sì a Bologna collabora con artisti e performers provenienti da diverse discipline per un'espressione del pensiero radicata nel tessuto urbano e capace di intercettare inquietudini e prospettive che coagulano senso intorno ai sovvertimenti che si manifestano nel mondo.
Oltre ai progetti con la compagnia, Fiorenza collabora con numerose realtà, tra cui il gruppo Soundcheck Philosphie di Halle (DE) e Jean Michel Bruyère (artista visivo e regista) a Marsiglia (FR).
Negli anni ha ricevuto svariate menzioni e premi per il suo lavoro di attrice.
Impegnata da anni in progetti di formazione dell'attore e di scrittura, crea laboratori che favoriscono l'espressione di qualità personali, stimolando una profonda riflessione attiva degli schemi concettuali tradizionali e una contestualizzazione intima del processo teatrale.

Per approfondimenti:
www.ateliersi.it
www.civile-net.org



In alto nell'ordine, Fiorenza Menni in "Boia" foto Fotokune; Ateliersi in "Se la mia pelle vuoi" foto Andrea Di Serio.

Daniela Bestetti
Intervista tratta da I QUADERNI di Nuova Scena Antica
Anno 5 Numero 3 (10.11.2013)



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