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WIA 2011 CINEMA - FUORI CONCORSO

Gangor - il coraggio di una donna
In Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo secondo appuntamento con il cinema giovedì 1 settembre ore 21.30. Il film di Italo Spinelli racconta in modo singolare le differenze tra la società occidentalizzata di Calcutta e quella ancora tradizionalista di Purulia attraverso lo sguardo della macchina fotografica di Upin e gli occhi profondi e misteriosi di Gangor.

Locandina CINISELLO BALSAMO - Nella società occidentalizzata siamo ormai assuefatti all'uso dell'immagine, tanto che raramente una fotografia provoca in noi la benché minima reazione.
Lo stesso non si può dire di una realtà ancora arcaica come quella narrata da "Gangor" di Italo Spinelli, in cui un semplice scatto - che nulla ha di scandaloso, dato che ritrae la più naturale delle azioni - influenza così profondamente la vita della giovane protagonista da cambiarne radicalmente il corso.
Upin (Adil Ussain) è un fotoreporter incaricato di realizzare un reportage sulle condizioni di vita delle donne all'interno dei gruppi tribali: per questo, insieme al suo assistente Ujan (Samrat Chakrabarti), si reca a Purulia, nel Bengala Occidentale.
Durante un servizio in una delle fabbriche di mattoni della zona, Upin rimane catturato da una donna intenta ad allattare il proprio bambino, Gangor (Priyanka Bose), e le scatta alcune foto.
Una di queste, che la ritrae a seno scoperto, viene utilizzata nell'articolo di prima pagina per fermare la violenza sulle donne: un'immagine che si imprime certo nella memoria, ma che ha sulla vita di Gangor la conseguenza devastante di farla sembrare agli occhi dei suoi conterranei una donna dai facili costumi. Scatenando un effetto domino, la ragazza arriverà a subire una violenza di gruppo e diventare poi una prostituta.
Upin, venuto a conoscenza di ciò che ha causato con quello che ai suoi occhi era un innocente scatto, parte alla ricerca di Gangor per salvarla da un destino che sembra ormai già scritto.
La storia - liberamente tratta dal racconto "Choli Ke Pichhe" (Dietro il corsetto) della scrittrice Mahasweta Devi, rielaborato da Spinelli insieme ad Antonio Falduto - non segue un andamento lineare: partendo da un climax di azione, ovvero la richiesta di aiuto del protagonista, l'intera vicenda viene ricostruita attraverso alcuni flashback.
Questo espediente consente al regista di sfuggire al rischio di una visione troppo documentaristica dell'India, che pure appare chiara in più di un segmento del film. Anche la componente musicale assolve in parte a questo compito, richiamando al cinema di Bollywood e alle sue sonorità, fortemente presenti soprattutto nelle parti del film ambientate nell'India più retrograda.
Il colore gioca un ruolo di primo piano: le tonalità terree che caratterizzano le zone rurali fanno da contraltare ai colori freddi e asettici degli interni della redazione, fino a giungere al giallo - simbolo di umiltà e colore della terra - che contraddistingue gli abiti di Gangor per gran parte del film.
Bellissime le fotografie in bianco e nero che distolgono momentaneamente lo spettatore dai mille colori della realtà indiana.
Le differenze tra la società occidentalizzata di Calcutta e quella ancora tradizionalista di Purulia sono più volte evidenziate e chiaramente esplicitate dal campo controcampo tra lo sguardo mediato dalla macchina fotografica di Upin e gli occhi profondi e ammalianti di Gangor: da una parte una realtà molto più simile alla nostra, dall'altra un mondo sconosciuto tutto da esplorare, che fatichiamo a comprendere a pieno.
La pellicola riesce a mettere a fuoco entrambi i rovesci della medaglia, indubbiamente anche grazie al fatto che si tratta di una coproduzione e che il cast e l'aiuto regista Surendra Suri sono indiani.
Un film che fa riflettere e su un doppio versante: da una parte Spinelli denuncia le aberranti condizioni di vita di coloro che vengono chiamati "tribali", inseriti a forza in un mondo moderno di cui faticano a capire le regole e in cui si trovano pesantemente discriminati; dall'altra il regista ci fa riflettere sulla superbia che caratterizza tutto il mondo occidentale, incapace di comprendere usi e costumi diversi dai propri.


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In alto la locandina del film


Roberta Tocchio
(28 agosto 2011)


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