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Psiche e Donna

Il gioco del "perché?"
Da bambini come da adulti, chiedere il perché delle cose è un'attitudine spontanea e sana, dietro alle cui risposte possiamo scoprire il mondo che ci circonda ed aiutarci a conoscere meglio noi stessi. Perché non è mai troppo tardi, neanche per giocare...

MILANO - C'è una cosa che noi tutti facciamo da bambini e che poi con il passare del tempo smettiamo di fare. Da piccoli siamo abituati a chiedere sempre il perché delle cose.
E' un'azione naturale e spontanea osservare il mondo intorno a noi e chiedere spiegazioni agli adulti con una catena infinita di domande, che iniziano tutte con la stessa parola: "perché?".
Le reazioni degli adulti a questi infiniti quesiti seguono quasi sempre un iter preciso: all'inizio si sentono orgogliosi e investiti della responsabilità di figura di riferimento per il bambino; sentono l'importanza del suo ruolo genitoriale di insegnante ed istruttore e si prodigano nelle risposte, ricercando un linguaggio semplice che il piccolo possa comprendere senza troppe difficoltà.
Nella seconda fase, che inizia quando l'adulto si accorge che le domande proseguono innumerevoli, subentra una leggera insofferenza: le risposte si fanno brevi, concise e il tono più autoritario, definitivo e meno complice.
Il bambino percepisce il cambiamento, ma insiste e continua a chiedere.
Poi giunge la fase finale in cui l'adulto è frustrato: le domande sembrano non avere fine e si perde la pazienza, la voglia o il coraggio di rispondere.
Forse in questa fase l'adulto vive un vero e proprio momento di crisi, di dubbio ed incertezza in cui entra in conflitto con se stesso.
Forse non è più così sicuro di avere tutte le risposte alle domande, che si fanno via via più profonde, più audaci, più pure.
E' qui che il bambino percepisce lo spazientirsi dell'adulto, le cui risposte iniziano tutte ad accordarsi ad una nota unica e ripetitiva, che tradotta suona più o meno così:"Lo capirai quando sarai grande. Ora non puoi capire, sei piccolo, devi aspettare di crescere".
E così avviene la drammatica svolta.
Se l'adulto si sente sollevato, ha trovato una scappatoia e non è più costretto ad indagare se stesso e la vita alla ricerca delle risposte, il bambino chiede sempre meno, fino a smettere del tutto, iniziando a chiudere le domande dentro di sé, in attesa di crescere e di trovare da solo tutte le risposte.
Purtroppo però, accade spesso di crescere e di iniziare a fare le stesse cose che fanno gli adulti: si studia, si lavora, si crea una famiglia...
Un bel giorno quel bimbo pieno di curiosità e di domande diventa genitore a sua volta di bambini che iniziano a chiedere i loro mille "perché?" e, senza neanche accorgersene, quel bambino ormai padre potrebbe ripetere l'iter.
Spesso nella fretta di diventare adulti non ci si lascia né tempo né spazio da dedicare alla ricerca di quelle risposte che tanto ci premevano da bambini.
Siamo troppo presi, troppo schiacciati dagli impegni e dalle responsabilità, ma soprattutto siamo tentati di cadere nell'errore di credere che ormai è tardi, che la vita va così e che non si può tornare indietro!
Possiamo, invece, ricominciare a fare la cosa più bella di quando eravamo bambini: giocare.
Un gioco da adulti, però, che richiede curiosità e pazienza e un pizzico di coraggio. Concediamoci per pochi minuti di tirare un bel respiro e scrollarci di dosso tutti i pensieri.
E iniziamo a fare il gioco del "perché?" per tutte le risposte che non abbiamo avuto, o anche semplicemente per il gusto di conoscerci meglio.
E' un gioco molto semplice, che consiste nell'osservare ciò che ci circonda.
Si può cominciare anche dalla propria casa, da un ambiente intimo, familiare e che ci faccia sentire a nostro agio. Osservate un po' tutto indistintamente, il colore delle pareti, gli oggetti, i soprammobili, i colori dell'arredamento, il vostro letto, i vostri vestiti, e così via.
Iniziate a chiedervi il perché di tutto ciò che notate.
Ponetevi domande elementari e semplici.
Ad esempio:
  • Perché ho scelto di imbiancare le pareti della sala di questo colore?
  • Perché ho comprato quel vestito ieri?
  • Perché ho un cane / un gatto / un pesce rosso?
  • Perché ho scelto questo stile di arredamento?
  • Perché mi piacciono gli stivali più delle scarpe?
E così via...

Non sentitevi stupidi, a volte nel tornare un po' bambini si intraprende un viaggio che ci porta ad accorgerci di molte cose che ignoravamo di noi stessi.
Se avete tempo e voglia annotate domande e risposte, anche in modo riassuntivo e schematico.
Poi, appena avrete una manciata di minuti liberi, tornate all'elenco e cominciate a chiedere il perché delle risposte date la prima volta.
Farò qui un esempio, basato sulle domande fatte in precedenza:
  • Perché mi piace l'arancione?
  • Perché mi piacciono i vestiti senza spalline?
  • Perché mi piace fare le coccole al mio cane?
  • Perché mi piace l'arredamento moderno?
  • Perché gli stivali mi fanno sentire affascinante?
E così via...

Se vi trovate a rispondere spesso "perché mi piace " non generalizzate e provate ad indagare il motivo per cui vi piace una determinata cosa.
Annotate anche queste risposte e nei successivi appuntamenti di questo gioco proseguite a chiedere i perché delle risposte precedenti, fino a che non sentite di avere esaurito ogni dubbio e aver raggiunto una risposta esaustiva e completa riguardo alle domande poste in principio.
Con grande probabilità cambierà il vostro modo di fare shopping, di arredare o decorare la casa, di vestirvi e così via. Anzi, sarebbe meglio dire "migliorerà", perché a tutti gli effetti non cambierete i vostri gusti, ma, conoscendoli meglio, sarete soddisfatti del poter fare scelte consapevoli la prossima volta che vi troverete in un negozio o a fare le coccole al vostro cane sul divano.
Armatevi dunque di carta e penna e che il gioco abbia inizio...


Monica Bianchini
(3 febbraio 2014)



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