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Il silenzio/assenso
Una riflessione aperta sui precedenti articoli di attualità e un'analisi sugli elementi buoni della nostra cultura, per condividere un desiderio di cambiamento che può partire dal singolo per trasformare la collettività.

La ragione per cui un magazine come il nostro ha pubblicato i due articoli precedenti, rispettivamente dedicati al suicidio di 250.000 agricoltori indiani e al TTIP è semplice: perché riteniamo che le due questioni siano collegate e non certo casualmente accomunate dal medesimo silenzio da parte dei media mainstream. Con lo stesso spirito con cui informiamo i lettori dell'esistenza di artisti e iniziative per noi significativi in virtù dei valori che rappresentano, allo stesso modo questi eventi di attualità hanno fatto risuonare corde profonde, che rendono la vita degna e sacra su questa terra. Quel "tremendamente umano" in noi le percepisce come importanti e allora non possiamo rimanere indifferenti.
L'assenza di attenzione mediatica nei confronti di argomenti di questa portata che, volenti o nolenti, riguardano la vita di tutti ci ha colpito. La pubblicazione di queste notizie è il nostro modesto contributo alla divulgazione. Se per l'italiano medio l'informazione (e la veridicità dell'informazione!) consiste esclusivamente nei programmi tv, è evidente che è sufficiente non parlarne affinché l'opinione pubblica non possa concentrarsi su certi temi. Ma perché si preferisce evitarlo, se si ha la certezza che le decisioni che si stanno per prendere faranno soltanto un gran bene alle persone? Non serve essere esperti di settore per rispondere a questa domanda...

Esiste un semplice meccanismo che dovremmo imparare a conoscere e gestire: si chiama silenzio/assenso e significa che, in tutti i casi in cui non ci esprimiamo per disinformazione, pigrizia, paura, qualcuno lo farà comunque e in nostra vece.
Il silenzio/assenso è uno strumento attivo molto potente impiegato, ad esempio, da chi governa per prendere decisioni nei cui confronti il popolo non ha espresso la sua opinione. Ecco spiegata la ragione del silenzio mainstream! Se l'informazione non giunge comodamente nelle nostre case, come ci hanno abituati a fare, un campanellino di allarme dovrebbe suonare automatico. Ma se il campanellino non suona più, il silenzio/assenso agisce.
L'Italia non è certo il paese del popolo unito: siamo pigri, facilmente manipolabili, cronicamente dipendenti e affatto inclini a conoscere e difendere i nostri diritti. Ma ci sono almeno tre cose per cui siamo un paese straordinario, unico al mondo, senza esclusioni regionali: il cibo, l'arte manifatturiera, la terra e il patrimonio artistico. Almeno su questo punto dovremmo tutti concordare... e magari iniziare a guardare e valutare quello che abbiamo e che siamo un po' diversamente.
Siamo così certi di essere il fanalino di coda dell'Europa, come i nostri e gli altrui governi amano sempre dipingerci?

1) Il cibo. Possediamo una stupefacente biodiversità, condizioni climatiche favorevoli, una cultura secolare nella coltivazione e lavorazione dei prodotti, un'arte culinaria sopraffina. Tutto questo è patrimonio reale della nostra nazione e frutto dell'abilità e dell'ingegno dei suoi abitanti. Esserne consapevoli significa difenderlo e sostenerlo con scelte individuali e collettive adeguate alla nostra cultura alimentare, abdicando le allettanti promesse di un sistema omologante che ignora la tipicità e che non si comprende perché dovrebbe essere preferibile e migliore.
Lo sapevate che da quando nel 1995 ci siamo rifiutati di importare carne agli ormoni dagli USA, paghiamo 150 milioni di € all'anno di dazi innalzati contro le merci europee? Che fine faranno i nostri preziosi quanto invidiati prodotti dop e igp?

2) Arte manifatturiera e alto artigianato. E' ciò che ha creato il made in Italy nel mondo. Professionisti padroni di un sapere raffinato, depositari di abilità straordinarie, che coniugano tradizione e innovazione e conoscono tutto il processo dalla materia prima al prodotto finito. I settori di eccellenza sono tantissimi e infinite le singole realtà territoriali note in Italia e all'estero per la loro maestria. Se oggi sono in difficoltà, non è certo perché non siano competitive, ma piuttosto perché non esistono riforme che vanno nella direzione della tutela, promozione e valorizzazione delle eccellenze (necessariamente medio-piccole), avvallando al contrario interventi mirati alla loro progressiva distruzione, in favore di un modello straniero fatto di colossi, che sposta la competizione altrove.

3) Terra, paesaggi, patrimonio architettonico ed artistico. Bastano da soli a fare della nostra nazione una meta turistica unica al mondo. Ma se diamo tutto questo per scontato semplicemente perché già lo possediamo, non riusciremo a mettere a fuoco il potenziale immenso di questa eredità millenaria, né tantomeno a vedere i processi sottili che lo minacciano, in attesa di svenderlo al miglior offerente come unica risorsa disponibile per pagare i debiti accumulati dallo Stato. La tutela del paesaggio è l'ingrediente indispensabile per la creazione di circoli virtuosi che si alimentano e cresceranno proprio nel rapporto tra territorio, mestieri d'arte, prodotti tipici e qualità della vita.

Che cosa possiamo fare, come individui e come collettività?
Iniziare a comprendere che nessun problema può essere risolto dallo stesso livello di coscienza che lo ha creato è un buon inizio. Dunque, dobbiamo diventare consapevoli di quello che accade, dei nostri punti di forza e delle nostre debolezze. Siamo così certi che il cambiamento di cui abbiamo bisogno consista nel sacrificare le nostre specialità a favore di una "crescita" che chiede lo smantellamento progressivo di tutto ciò che di buono abbiamo, per stare al passo con il "progresso" da cui altrimenti saremo tagliati fuori?
In che cosa consiste davvero questo tipo di progresso?
E' mai stato realmente a favore delle persone?
C'è un piacere da imparare a sviluppare: quello dei piccoli gesti individuali che contano, che possono fare la differenza perché a nostra insaputa si sommano a quelli altrui. Gesti fondati sul piacere profondo che investire su ciò che ci fa stare bene procura. Nessuno può cambiare il mondo per noi, ma possiamo contribuire noi a farlo, uscendo dal letargo che ci vuole stupidi, sconfitti, isolati, incapaci e impotenti per dedicarci con passione alle cose che ci fanno e che ci vengono bene: se le coltiviamo, possono rendere la nostra vita degna e piena di significato. Sostituire dentro di noi il gusto per il processo a quello per la meta facile e immediata, perché solo così potremo controllare le cose in corso d'opera: assecondarle con fiducia quando funzionano, cercare soluzioni sostenibili quando si arenano. E' un gusto del tutto diverso, più simile alla scoperta delle possibilità e delle alternative (vero ingegno dell'uomo), che alla bramosia del risultato a tutti i costi.
Nessun sistema insegna questo; dobbiamo farlo da soli perché abbiamo capito che nessuno è interessato al nostro benessere.
L'alternativa? C'è già: si chiama silenzio/assenso.

In alto, particolare della Marmolada dal ghiacciaio, foto Daniela Bestetti

La Redazione
(26 febbraio 2016)


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