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FOTOGRAFIA - Focus on

JOACHIM SCHIMD E LE FOTOGRAFIE DEGLI ALTRI
Poco conosciuto in Italia, ma estremamente importante per la conoscenza della trasformazione del linguaggio fotografico negli ultimi decenni e l'attualità, l'originalità della sua opera lo rende significativo, anche nella ricerca dell'immagine e della sua trasformazione digitale dall'avvento del web.

RHO - Difficile visitare la mostra fotografica di un non fotografo, ma ciò è reso possibile da Joachim Schimd, un artista tedesco che produce le sue opere con le fotografie degli altri.
Nato nel sud della Germania nel 1955, dal 1976 si trasferisce a Berlino dove studia arte all'università avvicinandosi alla fotografia attraverso la critica, fondando nei primi anni ottanta la rivista "Fotokritik.".
E' purtroppo un artista ancora poco conosciuto in Italia, ma estremamente importante per la conoscenza della trasformazione del linguaggio fotografico negli ultimi decenni e l'attualità, quanto l'originalità della sua opera lo rende significativo, anche nella ricerca dell'immagine e della sua trasformazione digitale dall'avvento del web.
Da tempo non produce alcuna immagine e nel 1989, in occasione del 150° anniversario dell'invenzione della fotografia, aveva provocatoriamente affermato: "Nessuna nuova fotografia finché non saranno utilizzate fino in fondo quelle già esistenti!".
Fedele a questa dichiarazione, alla ricerca quindi del ready made, Joachim Schmid da quell'anno si dedicò da meticoloso catalogatore, alla raccolta e al riutilizzo di fotografie esistenti scattate dagli altri.
Già in quegli anni Schmid constatò che la civiltà dell'immagine soffriva di sovrapproduzione, un eccesso che dall'assuefazione attraverso la saturazione portava oltre il limite del non-senso.
Trovate in mercatini delle pulci, in archivi, stampate su dépliant, figurine, libri, giornali, cartoline, queste immagini riassemblate, private dell'identità del loro autore e a volte manipolate trovano con Joachim Schmid nuovi possibili significati.
Una sorta di collezionista e riciclatore, poiché anche dalle strade ha raccolto immagini distrutte e deturpate, capace alla fine di restituirle al pubblico nel grande flusso della comunicazione visiva.
Con l'era digitale il suo lavoro è sicuramente aumentato ed utilizzando motori di ricerca, navigando fra siti internet e social network ha constatato la totale non coerenza dei messaggi associati alle immagini.
Dopo aver rielaborato un'immagine scaricata in precedenza e associando parole chiavi inerenti a quell'immagine ha verificato che 23.000 link trattavano di quell'argomento, 921 catalogati rilevanti, ma solo 23 di questi erano attinenti.
Certamente Joachim Schmid nel corso di questi anni ha visto, ma soprattutto utilizzato, moltissime fotografie, indagando sui linguaggi e le pratiche fotografiche diffuse a livello di massa. Con un gruppo di altri artisti nel 2009 ha fondato una cooperativa dove vengono autoprodotti libri, prevedendo l'utilizzo delle tecnologie del print-on-demand.
La vasta opera di Joachim Schmid rappresenta oggi un'idea postmoderna profondamente presente nell'arte contemporanea: quella di riappropriazione e di ridestinazione dei prodotti della cultura degli uomini a significati sempre nuovi e diversi.
Il suo nuovo ironico motto oggi è: "Per favore non smettete di fotografare".
Tra gli innumerevoli lavori di Joachim Schmid è importante ricordare "Bilder von der Strasse" (1982-2012) le fotografie di strada raccolte nei suoi viaggi, lavoro terminato lo scorso anno con la millesima immagine archiviata, "Archiv" (1986-1999), "Photogenic Drafts" (1991), "Belo Horizonte" (1992-1993), "Statics" (1995-2003), "Arcana" (1996-2008), "Photographic Garbage Survey Project" (1996-1997), "Decisive Portraits" (1998), "The Face in the Desert" (1999), "Meetings" (2003-2007), "Untitled Portraits" (2007), e i recenti "Other People's Photographs" (2008- 2011) e "Bilderbuch" (2010-2012).

E' possibile visitare la mostra di Joachim Schmid, "Le fotografie degli altri" fino al 5 maggio al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.


In alto una composizione fotografica di Joachim Schmid

Massimo Cova
(30 aprile 2013)


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