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Marta Bevilacqua: filosofare con i piedi
Un'interprete della danza contemporanea il cui gesto performativo coniuga spessore filosofico e linguaggio coreografico; una presenza scenica che si distingue per sensibilità interpretativa ed eleganza. E' Marta Bevilacqua, danzatrice e coreografa, che affianca al lavoro stabile nella Compagnia Arearea di Udine (fondata da Roberto Cocconi) collaborazioni diverse con alcune tra le realtà più significative nel panorama italiano della danza d'autore.

           

Come nasce Marta danzatrice e come si evolve nel linguaggio coreografico?
MB:
Il mio percorso è comune a molti altri professionisti: frequento da ragazzina corsi di danza Jazz e Modern in una scuola di paese.
Mi impegno, con tenacia. La danza diventa presto parte integrante della mia vita.
Ci sono diverse personalità che si affacciano nella mia formazione e che, con fascino e talento, mi incoraggiano a trovare una chiave espressiva attraverso il corpo.
Ogni strato nella carriera di un artista è dato dai grandi incontri (nel mio caso Florance Meregalli, Roberto Cocconi, Carolyn Carlson, Laura Corradi), ma anche da piccoli eventi: quelli nei quali ti capita di trovarti, quelli nei quali sei costretto a metterti in una dimensione di rischio e di svelamento.
Mi riferisco ai compagni di viaggio, danzatori, registi, scenografi, attori con i quali continuo a collaborare.
Arearea è sempre stata la mia famiglia artistica di appartenenza, quella nella quale sono cresciuta e che mi ha dato l'opportunità di sperimentare l'approccio coreografico.
Non so esattamente quando e come l'inclinazione alla coreografia sia nata, mi è sembrato un passaggio naturale e organico.
Non facile certo: molte sono le difficoltà di un giovane coreografo. Mantenere alto il livello della creatività e della autocritica è un lavoro che tocca corde profonde, che crea vertigine. Stare sulla soglia di quella vertigine è sia un esercizio fisico, che un esercizio del pensiero.
Da qui la mia tendenza ad affrontare con taglio filosofico ogni composizione coreografica.
La costruzione della propria poetica, quindi, è fatta di molti strati, di piccoli incontri e di grandi insegnamenti, di ascolto di sé.
E' sempre importante ricordare a se stessi che cosa si vuole comunicare al pubblico.

Quali percorsi hanno avvicinato il tuo interesse e lo studio della filosofia alla tua passione e pratica della danza? Che tipo di dialettica e di sintesi si crea tra due piani, apparentemente così opposti, come quello filosofico (teorico) e quello corporeo (pratico)?
MB:
Nel 2001 frequentavo l'Accademia Isola Danza di Carolyn Carlson e davo gli esami di Filosofia del Linguaggio a Cà Foscari.
Una condensazione di studi che, più o meno lucidamente, mi hanno appassionata a tal punto da non voler scegliere una dimensione o l'altra.
Solo apparentemente, infatti, le due questioni, quella filosofica e quella pratica, sono scisse, specialmente in un processo creativo.
Preferisco dunque continuare a farmi delle buone domande, piuttosto che darmi delle buone risposte e, come mi suggerisce Nietzsche, continuare a fare filosofia con i piedi (e come altrimenti?!).
Certo, la danza e la filosofia hanno linguaggi tecnici diversi e non tutti gli argomenti sono interscambiabili, ma sottostà ad entrambi la vita: è a quella che cerco di rivolgermi, senza la pretesa di dare soluzioni o semplificare le questioni alte.
E' vero, in questi tempi emoziona più il "quotidiano" del filosofico.
Questa è la mia scommessa quotidiana...

Quali limiti e quali potenzialità riscontri nei linguaggi contemporanei dell'arte, con particolare riferimento a quelli performativi? Che segno lasciano come testimonianza del presente in cui viviamo?
MB:
I linguaggi contemporanei, in quanto tali, sono inafferrabili.
Chiedono, e questa è la loro forza, di non essere incasellati, ma di essere vissuti.
La contemporaneità non sceglie, o meglio, sceglie senza lotta.
Ecco il limite della nostra società e quindi il limite dell'arte. Ma anche questo non è vero fino in fondo.
Io credo ancora che l'arte sia libera, che non sia il semplice riflesso della società ma, anzi, che riesca a fare per essa la parte della rivoluzionaria buona.
L'arte è un impulso puro e chi lo possiede non può nuocere. Nuoce, invece, la moda, il trendy, il mercato dell'arte. Quello sì sceglie e condiziona la società.
Laddove c'è omologazione, sia anche omologazione artistica, non c'è vertigine, quindi scarsa crescita.
Oggi, in maniera desolante, il mercato dell'arte nella danza scarseggia di complessità.

Questo numero affronta il tema della Bellezza, intesa come valore più che semplice canone estetico. Che cosa è Bellezza per Marta? Credi che questo valore possa contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo e, se sì, come?
MB:
Avverto che sia un tema attuale in Italia. Ci resta solo lei probabilmente, quella bellezza di cui siamo circondati e che abbiamo fatto risuonare poco nella nostra vita quotidiana.
Direi che anche la Bellezza come ogni valore è in costante cambiamento, la Bellezza è per me un accordo istantaneo, un gancio con il presente, è insieme il dettaglio e il fenomeno.
La Bellezza è quindi protetta e garantita dalla nostra attenzione e dalla nostra curiosità.
Della Bellezza bisogna prendersi cura, sia essa incastonata in un oggetto, oppure in un soggetto. Anche della relazione che sprigiona bellezza è necessario prendersi cura.
Scorrere del tempo e bellezza...la danza per me è molto coinvolta in questa questione.

Grazie Marta.

Marta Bevilacqua è danzatrice e coreografa.
Si forma all'Accademia Isola Danza diretta da Carolyn Carlson (Venezia, 2001) e dal 1998 collabora stabilmente con la Compagnia Arearea (Udine).
Consegue inoltre il Master in Comunicazioni e Linguaggi non Verbali, con una predilezione all'indirizzo performativo.
Ha lavorato con compagnie di ricerca come Adarte, Aldes, Balletto Civile, Ersilia Danza, Naturalis Labor, TPO, CSS Teatro stabile d'innovazione del Friuli Venezia Giulia e dal 2002 insegna danza contemporanea all'Accademia d'Arte Drammatica Nico Pepe di Udine.
Ha coreografato l'opera Orfeo ed Euridice di Gluck e Bach (35° Festival della Valle d'Itria) e creato numerose coreografie, tra cui: trilogia Il Libro della Carne; Nec Nec (premiato come seconda migliore coreografia a Cortoindanza 2010 a Cagliari e selezionato da Anticorpi Explò 2011); Organon_sull'ingombranza del pensiero (Festival Equilibrio 2011 e finalista Premio Equilibrio all'Auditorium Parco della Musica a Roma).
Negli ultimi due anni prende parte ad importanti progetti internazionali: Luoghi Comuni (Lieux Publics) con la performance Dafne_per una mitologia urbana; Writing site by site in Graz (piattaforma internazionale IN-SITU) con la performance Panta Rei (produzione Reggia della Venaria Reale, Torino); Dance Channels (piattaforma europea di sostegno a nuovi coreografi tra Saragoza, Manchester e Genova) con il progetto Oltre La Luna.
Con e per Valentina Saggin crea Equivoco_versus Freud.
Il suo più recente lavoro Schnurrbart indaga la figura di Friedrich Nietzsche attraverso gli occhi di Lou Salomè.

www.arearea.it


In alto nelle foto, Marta Bevilacqua in "Panta Rei" (2012), Nec Nec (2011) e in una performance urbana.

Daniela Bestetti
da I QUADERNI di Nuova Scena Antica
Anno 6 Numero 1



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