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SCULTURA

Silva Cavalli Felci: il divenire delle forme
Una riflessione sensibile sul presente personale e circostante; una ricerca che ha saputo evolversi negli anni per rispondere alla complessità concettuale della realtà; forme e materiali che si scelgono per esaltare il binomio di sintesi ed immediatezza. E' il percorso in divenire dell'opera di Silva Cavalli Felci, che in quarant'anni di attività artistica ha affinato la propria poetica anche attraverso molteplici linguaggi.



Un esordio da pittrice negli anni '70 e '80 per poi dedicarsi alla scultura: come è avvenuto questo passaggio di testimone?
SCF:
Non è una decisione razionale, ma un passaggio graduale: dai quadri ad olio degli anni '70, ancora densi di emozione e memorie, ai pastelli della fine anni '70, inizio anni '80, in cui si fa urgente la necessità di un segno/ritmo più immediato, senza pentimenti. La tridimensionalità ha inizio con l'annullamento del colore e l'approccio a materiali spuri: legni abbandonati, cortecce lasciate cadere dagli alberi, cenere, sabbia, catrame e fuoco come agente di trasmutazione, materie la cui vita è "sospesa" ma, per me, tutt'altro che inerti, anzi cariche di potenziale energia (Totem e Quadri neri, 1983).

Poi un ulteriore scarto: l'impiego di materiali grezzi cede il posto a schiume poliuretaniche, specchi, acciaio inox. Le forme riflettono questa operazione di epurazione della materia e si fanno quasi totemiche.
SCF:
Tre collages del 1994 dal titolo Oltre danno l'avvio a ciò che tu chiami "operazione di epurazione della materia". A questa data risalgono le mie prime sculture in legno compensato laccato - Pilastri, Fragili, Parete, Reperti - opere scarne ed essenziali, che evocano simbolicamente la congiunzione degli opposti (aperto-chiuso, luce-ombra, stabile-fragile). I miei lavori più recenti fanno uso di tecniche digitali e sono realizzati in materiali compositi, acciaio inox, specchio, alluminio, forse perché maggiormente idonei a perseguire un più alto livello di sintesi. Nei miei ultimi "disegni tridimensionali" (2013-2014) il segno della matita è sostituito dal taglio, senza possibilità di errore, come nei pastelli.

Nel percorso artistico si inseriscono collaborazioni con scrittori e poeti che portano alla creazione di elaborate opere su carta. L'interesse per la psicologia del profondo influenza la creazione artistica. Come sono nate e come si riflettono queste esperienze nella tua opera?
SCF:
L'amore per altre discipline, la curiosità per altri immaginari hanno nutrito e segnato il mio percorso artistico. Alla poetessa Rina Sara Virgillito mi legava un'amicizia di lunga data, affinità di interessi, necessità di esprimere tensioni interiori, un modo di vivere appartato, il vissuto femminile e altro ancora. Parole o versi suoi - per il loro intrinseco significato, per la loro fonetica, per il pensiero che sottende la loro germinazione - andavano a coincidere, a incastrarsi (per analogia o per contrasto) in parecchi dei miei lavori. Con Sergio Romanelli, così come più recentemente con Adriano Piccardi, hanno preso vita progetti creativi in congiunto, in cui il processo si è realizzato dall'opera alla poesia o, viceversa, dalla poesia all'opera, talvolta, prendendo corpo in forma unica.
La mia esperienza formativa terapeutica sia verbale che non verbale, quest'ultima con il metodo della sandplay therapy di Dora Kalff, allieva di Jung, credo abbia agevolato il mio percorso d'arte e di vita. Ha reso possibile altre esperienze come la collaborazione con la Fondazione Emilia Bosis (che si occupa della riabilitazione e risocializzazione di persone con disagio psichico) e ha favorito la nascita del mio laboratorio di attività espressive, "luogo in cui è possibile generare esperienze di senso in altri esseri, introdotti dall'artista ad un proprio percorso creativo".
(Sonia Giorgi "Pensare simbolico, fare simbolico nel percorso artistico di Silva Cavalli Felci". Silva Cavalli Felci "La vita è insufficiente", Lubrina Editore, Bergamo, 2014).

Infine una provocazione, che ci àncora al tema di questo numero. L'arte contemporanea lavora per sottrazione e semplificazione da un lato, e per scardinamento e provocazione dall'altro. In che senso a tuo avviso ciò testimonia e riflette la complessa realtà in cui viviamo?
             
SCF:
Viviamo un tempo di grandi e veloci mutamenti e l'arte non può che testimoniarli; l'arte è come un grande fiume che continua a scorrere. Nella cognizione della complessità del mondo e secondo la sua natura, l'artista crea la sua opera, che è pensiero, ma anche sentimento, emozione, intuizione (le quattro funzioni junghiane) e per la quale è vana ogni spiegazione. In ogni caso, a mio avviso, l'opera deve trasformarsi in fatto estetico. Credo che anche l'opera d'arte più sintetica e semplificata (il che non significa affatto semplice) sia sempre provocatoria, conturbante, enigmatica e non abbia nulla a che fare con la gradevolezza.

Grazie, Silva.

Silva Cavalli Felci nasce nel 1935 a Bellinzona in Svizzera. Dopo le scuole superiori trascorre un biennio a Londra e frequenta il corso di disegno e stage design alla St.Martin's School of Art. Nel 1969 conclude gli studi presso l'Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo. Accanto al percorso artistico, dal 1997 conduce laboratori di attività espressive, attenti all'indagine e alla voce del disagio. Vive e lavora a Bergamo e a Manerba del Garda.

www.silvacavallifelci.com


Nell'ordine foto delle opere "Esploso alzato mobile", "Notturno" e "Onda nera" dell'artista Silva Cavalli Felci.


Daniela Bestetti
da I QUADERNI di Nuova Scena Antica
Anno 6 Numero 2
(2 luglio 2014)



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